mercoledì 12 dicembre 2018

Uscire dall'angolo per tornare a parlare al paese. Una mia riflessione sul Pd



In una riflessione sul congresso nazionale del Partito Democratico chiunque sarebbe portato a tirare fuori le ragioni che lo spingono a sostenere un candidato piuttosto che un altro. Anche in queste poche righe a disposizione, sarei tentato di scrivere subito quali sono le ragioni per cui ho scelto di sostenere la candidatura di Nicola Zingaretti. Ma non lo farò. 
Vorrei infatti partire innanzitutto dai motivi per cui ritengo, in questa delicata fase politica per il Paese, che si debba tornare a giocare la partita nel Pd e nel campo del centrosinistra.

Abbiamo sbagliato, diciamolo subito. 

Abbiamo sbagliato a rinviare un serio dibattito sulle cause che hanno portato la sinistra a perdere il 4 marzo scorso. Rinviare questa riflessione (e con essa anche il congresso del Pd, che si terrà ad un anno esatto da quella data) ci mette oggi in una situazione di difficoltà: cercare di non ripetere gli stessi errori e allo stesso tempo rischiare di ricadere indietro mentre ci opponiamo - giustamente - ad un governo illiberale e sovranista come auello nato negli ultimi mesi.
In tutto questo c’è di più: c’è il rischio cioè di sbagliare di nuovo, stavolta senza chances di ripresa. Il congresso non può ridursi alla polarizzazione “pro Renzi” - “contro Renzi”. Sarebbe un errore, e forse anche il gioco di sopravvivenza per qualcuno. Se abbiamo perso, sia chiaro, non è solo per gli errori della precedente gestione politica: c’è stato un arretramento, in Europa ed in Occidente, delle nostre ragioni. Questo è il punto da cui ripartire. 

Viviamo in un tempo in cui le conseguenze di una globalizzazione senza regole hanno prodotto impoverimento ed una domanda di protezione più forte tra le persone. Sono le domande fondamentali, a cui un grande partito della sinistra deve saper rispondere con politiche di investimento e di redistribuzione, trasformando quella generica richiesta di protezione in protezione sociale. Il Partito Democratico ha davanti a sè la sfida più affascinante: accettare la scommessa di rifondarsi in un grande partito popolare e radicale, senza paura di accogliere le sfide all’apparenza più difficili. Un partito che, detto con un ossimoro, sappia “allargarsi in profondità”. Un partito che sappia ancorarsi ai temi dei diritti e della giustizia sociale per ridefinire il proprio DNA e costruire risposte all’altezza dei bisogni di questo tempo. Per farlo, quindi, serve uno sforzo che permetta di ricostruire il partito anche oltre il proprio perimetro, inglobando le tante esperienze civiche e della sinistra che spesso, localmente, hanno fatto a meno di quel simbolo per vincere. Entrare in contatto con i tanti comitati e associazioni, sparsi nel paese, che non vogliono arrendersi ad un futuro di muri alzati e diritti negati. 

Tornare davanti al paese con idee forti, a partire dalle sfide del millennio: il lavoro e la precarietà; la tutela ambientale ed il sostegno verso chi rischia di rimanere indietro. Se c’è stato un errore in questi anni, è stato accendere i fari sui campioni della globalizzazione, i talenti che ce l’hanno fatta, dimenticando coloro che arrancavano, che ogni giorno vivevano la tragica esperienza di avere meno. Aggiungo, non sarà assecondando la rabbia che miglioreremo la vita delle persone: servirà impegno per rimettere al centro le loro vite, i diritti ed i servizi fondamentali. Quelli che ti fanno sentire persona e cittadino a tutti gli effetti.
È questa, al fondo, la scommessa che lancia Nicola Zingaretti: puntare sul cambiamento per ridare forza ad un partito rimasto senza voce, rendendolo capace di far riavvicinare le persone, nelle piattaforme digitali e soprattutto nell’incontro tra le comunità. Soprattutto, impegnarci per tornare a parlare ai giovani. Ritrovare il loro entusiasmo e rimettere al centro le loro aspirazioni ed esigenze. Un partito incapace di parlare alle nuove generazioni non può pretendere di aspirare al governo del Paese. Come ci ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “i giovani si allontanano e perdono fiducia perché la politica, spesso, si inaridisce. Perde il legame con i suoi fini oppure perde il coraggio di indicarli chiaramente. La politica smarrisce il suo senso se non è orientata a grandi obiettivi per la umanità, se non è orientata alla giustizia, alla pace, alla lotta contro le esclusioni e contro le diseguaglianze”.
Ecco perché il 3 marzo non si voterà solo per il congresso del Partito Democratico. Il 3 marzo parte una sfida che riguarda la sinistra italiana: se saremo capaci di coglierla, si potrà tornare ad avere un ruolo di guida nel paese. 



(Articolo pubblicato dal periodico Città & City)